Senza Sponda a.s. 2015/16
Un solo mondo, un solo futuro
SREBRENICA
1995-2015
Ricomposta memoria
Titolo del sito
EDUCARE ALLA CITTADINANZA MONDIALE
​
Educare alla Cittadinanza mondiale è apparsa subito come un’impresa difficile: superare i conflitti tra le quattro mura delle aule occupa già molto del nostro tempo, figuriamoci insegnare a dei preadolescenti, concentrati su se stessi e sui propri bisogni, cosa significhi sentirsi cittadini del mondo, responsabili di cosa accade al di là dei confini del loro quartiere, della loro città, della loro nazione...
Poi gli sbarchi sulle coste della Sicilia, della Grecia, della Turchia, il naufragio di tanti loro coetanei sulle nostre spiagge, ci hanno convinto dell’urgenza della questione e abbiamo aderito al progetto con la consapevolezza della difficoltà, ma anche della necessità dell’impresa.
Siamo partiti dalla riflessione sulla assoluta casualità dell’essere nati dalla parte giusta o sbagliata del mondo: nessuno di noi ha meritato di vivere in un paese libero, nessuno di coloro che fuggono ha meritato o scelto di nascere al di là del mare.
Cosa significa essere dalla parte sbagliata? Il romanzo di Francesco D’Adamo, seguito della celebre Storia di Iqbal, è servito da guida per capire cosa voglia dire non avere infanzia, essere costretti a lavorare anziché studiare, combattere per i propri diritti, in Pakistan, ma anche a Milano.
Perché si fugge? Perché molti sono disposti a rischiare la morte, una morte terribile, pur di raggiungere l’altra sponda del Mediterraneo?
Si fugge dalla povertà: i ragazzi hanno sperimentato, durante un laboratorio, cosa significhi vivere in Africa e doversi sedere in 20 su un’unica sedia e vivere negli Stati Uniti, dove invece le risorse a disposizione sono talmente tante che ognuno può permettersi di sdraiarsi comodamente su due o tre sedie a testa.
Ma la povertà non è soltanto la mancanza di beni, è anche la mancanza di diritti; i nostri alunni si sono stupiti nel vedere, in una scena del fim Timbuctù, che alcuni coetanei giocano a calcio, come loro, ma senza il pallone, perché in quel paese è vietato divertirsi, è vietato giocare, è vietato ascoltare o fare musica.
PERCHE' SI PARTE?
LA GUERRA
​
La nostra generazione non ha conosciuto la guerra in prima persona, ma abbiamo avuto dei nonni, dei genitori che ce l’hanno raccontata, che ce ne hanno testimoniato la paura, l’angoscia , le privazioni. I nostri figli, per fortuna, sono lontani anche da quei ricordi e la guerra la studiano sui libri di storia. Per questo abbiamo pensato che la testimonianza diretta di una nostra collega che è andata nella vicina Bosnia Erzegovina per il ventennale del massacro di Srebrenica, potesse essere un racconto più efficace, per far comprendere il perché si decida di fuggire dalla propria Patria, e perché neppure più i frutti di bosco possano essere raccolti in quel paese dove i boschi sono ancora pieni di mine pronte ad esplodere.
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
Le fotografie che hanno accompagnato questo racconto, sono esposte ora a scuola e i ragazzi le hanno rielaborate, mettendo in evidenza, attraverso il colore un volto, un gesto, un’espressione che li abbia particolarmente colpiti o per cogliere in tanto dolore un seme di speranza. Sono commentate dalle loro didascalie, nate dall’osservazione attenta e dalle emozioni che hanno suscitato.
Ogni passo di questo viaggio è stato motivo di riflessione e ciò che ne è scaturito è il testo del laboratorio espressivo di questa sera. Hanno costruito una barca (le dimensioni sono quelle reali) e hanno provato a sperimentare, anche se in mimima parte, cosa significhi mettersi in viaggio senza la certezza di arrivare alla meta.
la guerra è una delle principali cause della migrazione di popoli.
LABORATORIO DI IMMEDESIMAZIONE
2. la barca
​
Simbolo del viaggio, la BARCA diventa la protagonista del laboratorio di costruzione, di immedesimazione e della scena.
I ragazzi si sono avvicendati nell’assemblaggio dei cartoni (materiali poveri), nella costruzione con cartapesta e la tinteggiatura della Barca, portando loro contributi anche progettuali e compositivi.
Per tre settimane il laboratorio è stato punto di riferimento e luogo di incontro di tanti ragazzi anche di altre classi che hanno collaborato al lavoro.
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
​
Il libro “Nel mare ci sono i coccodrilli” descrive bene le emozioni di chi, desideroso di partire, si trova poi in balia delle onde senza sapere nuotare. Le emozioni, le paure, le speranze dei protagonisti coinvolgono i ragazzi nella lettura e nella drammatizzazione.
LABORATORIO DI IMMEDESIMAZIONE
1. la povertà
​
Si fugge anche dalla povertà: i ragazzi hanno sperimentato, durante un laboratorio, cosa significhi vivere in Africa e doversi sedere in 20 su un’unica sedia e vivere negli Stati Uniti, dove invece le risorse a disposizione sono talmente tante che ognuno può permettersi di sdraiarsi comodamente su due o tre sedie a testa.
Attraverso la distribuzione di quantità di risorse profondamente diverse, a seconda dei continenti rappresentati da ciascun gruppo di alunni, si mira a far sperimentare attraverso il corpo, l’ingiustizia sociale a cui ormai siamo assuefatti. La fame, e soprattutto la fame dei propri figli, spinge molti a partire. Usando le sedie come simbolo delle risorse del Pianeta, i ragazzi comprendono anche visivamente l’iniqua distribuzione delle ricchezze.
LE FOTO E LE GIGANTOGRAFIE